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      Sicchè, lui, gli era sempre a girare di qua e di là; e la lampana la serbava accosì niscosta dientro un cassettone fra delle ciarpe e delle robbe smesse. Un giorno, dunque, che Gianni era fori, viense a passare di sotto alle finestre del su' palazzo un rivendugliolo, di quelli, che comprano cenci e rottami d'ogni sorta. In nel sentirlo urlare per la strada, la cameriera della Principessa andiede a trovarla e gli domandò se voleva dar via quel, che c'era di vecchio per la casa. Dice la Principessa: - «Sì, sbrattiamo della robba inutile il palazzo.» - E si messano a rinfrustare tutti gli armadî e i cassettoni, sicchè trovorno anco la lampana d'ottone; e, concredendo che non fosse bona a nulla, la vendiedero per pochi soldi a quel merciajolo ambulante. Quando però si viense alla fine del mese, che Gianni doveva fare i soliti pagamenti, cerca di qua, cerca di là, la lampana non la trovò più addove lui la tieneva. Tutto sbigottito, corre dalla moglie e gli domanda se lei quella lampana l'ha veduta. Dice la Principessa: - «Sì, l'ho veduta; ma i' la vendetti per ottone vecchio a un merciajolo.» - Scrama a quella nova Gianni: - «Oh! me sciaurato! No' siem fritti! Quella lampana era tutta la mi' rendita, perchè era una lampana incantata!» - Allora la Principessa, invece di racconsolarlo, lo mandò subbito via dal palazzo e lui tornò poero come prima.
     
      E finisce accosì la mi' novella:
      Se vo' sapete, ditela più bella.
     
      [3] Ricorda l'antica Andromeda; Olimpia ed Angelica legate al duro sasso dell'Ariosto; il Mostro Turchino del Cerlone, ecc.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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