» - «Lasciala essere! Verrà i' momento, che la 'un ci sarà più.» - Batte la bacchettina fatata. - «Comandi.» - «Comando una montagna di tutti arnesi bene arrotati, bene affilati e tutto.» - «Oh birbone! me l'ha fatta bella!» - E la va lei a provare, se può passare quella montagna, adagio adagio. Le si stacca un dito, le si stacca quell'altro, che, alla fin d'i' salmo, con i' sali e sali e sali, quando la fu in cima, gli si strappa quei due arnesi che la teneva un dito tanto dalla parte sinistra che destra. La venne di sotto e la s'affettò, la cara fata, come una rapa.[7] Camminavano, andavan trottando tutt'e due le Belle-Gioje, quando i' giovane disse alla ragazza: - «Non importa, che si trotti gran cosa: perchè la mia madre non esiste più nin questo mondo, sai.» - «Davvero?» - «Noi si pole andare con la nostra libertà.» - Lei, poerina, la non sapeva neppure quasi quasi la città, di dove l'era. - «Non lo sai, eh, Bella-Gioja, che nome l'ha la tua città, in dove eri nativa?» - Dice: - «Eh, no!» - «Eh la troverò io.» - Batte la bacchettina fatata lui; non istà ad impazzire. - «Comandi, signore.» - «Comando si sia straportati sulla real piazza d'i' padre della mia Bella-Gioja qui.» - Furono straportati in un battibaleno. Straportati, che furono, Bella-Gioja il giovinotto: - «Oh» - dice - «questo, vedi, è i' tuo palazzo.» - «Va bene.» - «Facciamo un'altra cosa, battiamo la bacchettina fatata.» - Batte la bacchettina fatata. - «Comando, che di faccia a i' palazzo reale, apparisca qui un palazzo sulle Meraviglie, tre volte più bello di quello d'i' Re, con tutta la servitù e i guardaportoni alla porta; servitori a dargli i' braccio alla Principessa; facchini a portar su le verghe d'oro e tutto n'i' palazzo suo.
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Camminavano Belle-Gioje Bella-Gioja Bella-Gioja Bella-Gioja Meraviglie Principessa
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