Molto non fui dal lido io dilungato,
Che scorsi un pescator, bianco e canuto,
Seder sul limitar del lido amatoSua rete a risarcire intento e muto;
A cui fatto d'appresso, e domandato
(Poichè umano gli fei dolce saluto)
Dove stanza trovar presso potrei,
Così pronto rispose a' detti miei:
- «Colà, non lungi a quel capo di monte,
Ad un scoglio vicin, ch'ivi il mar fiede,
Squarciossi; or qui convien sudar la fronte,
Perchè mi vaglia a far l'usata preda.» -
- «Tai non cerco da te cose aver conte.» -
Diss'io, - «ma, s'al tuo cor favilla siedeD'umanità, deh! con amico affetto,
Dammi, o dimmi ov'aver poss'io ricetto.» -
- «Io non già» - soggiuns'ei - «perchè con essoLor non solcava l'onde; e men Tirreno
Un cotal fallo avrebbe unqua commesso,
Nè sudor sparso in ciò, d'anni già pieno.
Ma semplici fanciulli, a cui concessoNon era altra notizia, ch'entro al seno
Di questi mar celati scogli stanno,
Fur incauta cagion di tanto danno.» -
Pur io m'accorsi alfin, ch'avea l'udireDal tempo offeso; e, rinforzando il grido:
- «Sia propizio il ciel» - dissi - «al tuo desire;
Piova ogni grazia al tuo felice nido;
Dimmi (e perdona d'un stranier l'ardire,
Che peregrino è giunto in questo lido)
Dimmi, ove ritrovar cortese usanzaPossa d'ospite umano amica stanza.» -
Altre risposte a sproposito son divenute proverbiali. Vedi nel Conte di Bucotondo del Fagiuoli: - «Anselmo. Ciapo? o Ciapo? che roba è codesta? - Ciapo. Ghie ne un baullo, ghie ne. - Anselmo. Lo veggo fin costì; domando di chi è? - Ciapo. I' viengo dall'osteria. - Anselmo.
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