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      Ma, se il suo maggiordomo, che gli ha voluto tanto e tanto bene, chiedesse grazia a il suo Re di pernottare nella nottata sur una sieda in camera sua; che quando fusse vicino alle dodici, si sbracciasse, si levasse il soprabito, che ha addosso, e si buttasse su il letto ai piedi del suo Re; che con la spada, che l'ha liberato dai demonî montasse su il letto e uccidesse il leone, sarebbe libero anche dalla morte d'il leone. Ma qui, se ci fusse qualcheduno, che ne sentissi e ne parlassi, di pietra e marmo addiventassi.» - «Felicissima notte!» - «Felicissima notte!» - «Felicissima notte!» - e - «Felicissima notte!» - e spariscono tutt'e quattro. Il maggiordomo, che è rimasto solo lì a pensare ai suoi casi: - «Credeva di aver fatto festa! mi pare a me di cominciare adesso.» - Mattino si alza il Re, si alza la sposa; si preparano, fanno una bona colezione e se ne vanno fori dalla locanda, incontr'a il padre, che veniva a riscontrarli: sortendo fora per andare a il riscontro del padre, sentendo alla lontana la banda con i soni e tutta la sua soldatesca. Il padre vede a il figlio, gli fa dei garbi boni, ma non gran cosa d'allegria, più che sia alla sposa, che doveva prendere il figlio. Entrando nella sua città trionfalmente e bene, si approssimano a il palazzo. Andato, andato: - «Figlio mio, è tanto tempo, che voi non avete mangiato mele; andate nel giardino e levatevene quella voglia.» - Il maggiordomo, sempre accanto a il suo fianco, va il figlio del Re per prendere una mela ed avvicinarla alla bocca; il maggiordomo dà un colpo alla mela, la butta per terra, non si parla più di mangiar mela e cambia discorso.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708