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      Quando veder mi parve, che giungesseAl lido empia balena,
      Per farvi del suo sen tomba vitale....
     
      .... Or tu, veggendo tronche in sul fiorireLe tue gioje, versavi da' begli occhi
      Pioggia di vaghe perle. In questo apparveCandida nube, che 'l marino mostro
      Coperse. Ond'ei cangiossi in bel delfino;
      Che, piacevole in vista,
      Ti fea lusinghe e vezzi. E, mentr'io, lietoDi tua felice sorte,
      Teco mi rallegrava, agli alti gridiD'alcuni pescator, che poco lunge
      Traean le reti, mi destai dal sonno.
     
      [9] Quell'ha s'ha a pronunziare lungo, essendo una contrazione di ha a.
     
     
     
      XXXI.
     
      LA NOVELLA DI LEOMBRUNO.[1]
     
      C'era una volta un gran pescatore. Questo pescatore la mattina si alza co' il suo garzone e va per andare a far la pesca. Quando lui gli ha armato la sua rete, la getta in mare; ma butta giù e tira sù non pescava nemmanco un pesce. - «Vai garzone, vai a casa; e fatti dare la rete di numero uno, per vedere se si pesca qualche pesce.» - Butta giù la rete nel mare; va per tirarla sù: questa rete non veniva. I curiosi, tutte le genti, si fermano per vedere, si mettono alla rete, a il canape, e tira, tira, tira, tiran su la rete, e salta fori un serpente tra i pesci. Tutte quelle genti fuggirono, vedendo il serpente. Dice: - «Pescatore, cosa fai?» - «Che vole, signore, son quì che faccio la mia pesca; gli è il mio mestieri, per tirarmi un poco avanti.» - «Dimmi un po', hai figli?» - «Oh, ce ne ho dodici.» - «Dodici ne hai?» - «Sì.» - «M'imprometti di portarmi uno dei tuoi figli domani? Farai pesche innumerabili, che diventerai un gran ricco pescatore ancora te.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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