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      E se non me lo porti, io ammazzerò te e tutti i tuoi dodici figli.» - «Oh Le pare! Sarà ubbidito. Sissignore, che io gnene porterò uno di dodici... Troppo onore per lui.» - Accomoda le crine de' suoi pesci e le manda a vendere per l'omo, che lui aveva. Caro pescatore, se ne va a casa, dispiacente, pensando che lui doveva portare un figlio a un serpente. Li guarda a uno a uno, sospira e getta le lagrime dagli occhi. - «Che ha, signor padre? ci guarda a uno a uno, sospira e getta lacrime dagli occhi.» - «Eh! figli miei, sospireresti anco vojaltri, perchè questo m'intravviene, figli miei: nel tirar sù la rete, m'è saltato fori un serpente; e mi ha detto, quanti figli che avevo? - Dodici. - Ne vole uno di questi dodici figli, sennò ci ammazza tutti quanti. Con qual core un padre vi deve portare nelle mani di un serpente?» - Risponde il maggiore: - «Non è niente di male, signor padre. Vengo e vengo volentieri.» - «Oh avete un bellissimo coraggio, di andare nelle mani di un serpente!» - La mattina, a mala pena che lui vedde albore, si veste: - «Signor padre, quando si deve partire, partimo; che io son bell'e all'ordine.» - Il padre va dispiacente, prende il figlio a braccetto e te ne vanno via tutt'e due. Salta fori il serpente, quand'è una piccola lontananza: - «Mandalo via, che non lo posso vedere! e vieni avanti te.» - «Vai, vai, figlio mio! e va a casa.» - Va avanti il pescatore. - «Dimmi, caro Pescatore, li hai perfidi e scellerati tutti a quella maniera i tuoi figli?» - «Sono tutti eguali.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





Pescatore