Che ciaschedun si dan di buon volere.
Indietro ritornò senza timore,
E prese de' fiorini a suo piacere,
Ch'eran da trenta milla e settecento,
Poi caminava più che non fa il vento.
E Liombruno tanto caminò,
Che ad una gran Città fu arrivato;
Dentro d'un'Osteria lui entrò,
E tre Mercanti lì ebbe trovato,
E quei cortesemente salutò.
Lor il saluto gli ebber raddoppiato,
E pel saluto, che fe' Liombruno,
In piedi fu levato ciascheduno.
Vedendo Liombrun li Mercadanti,
Che ciascheduno gli facea onoreE gli parlava con dolci sembianti,
- «Assentatevi giù, gentil Signore;» -
E Liombruno disse all'Oste innanti:
- «Reca del vino, dico, e del migliore;
A questi Mercadanti dà da bere,
Che voglio star con lor di buon volere.» -
E così stando, il vino fu recato,
Poichè ebbero bevuto lì davanti,
Liombruno a loro gli ebbe parlato,
E si gli disse: - «O gentil Mercadanti,
Voi che cercate del Mondo ogni lato,
Li Regni co' paesi tutti quanti,
M'insegnate la terra oltremarina,
Ov'è signora madonna Aquillina.» -
Niun di loro gli sapea insegnare,
Ma volto l'uno l'altro a quel, che chiese,
Rispose: - «Mai l'udimmo nominare,
«Noi per il vero questo tal paese.» -
Disse il più antico: - «Tu potresti andareMillanta miglia, e forse più d'un mese,
Caminaresti, cotal argomentoNè222 tel potria insegnar se non il vento.» -
Disse Liombrun: - «V'è nessun, che sapesse,
«Come si possa il vento ritrovare?» -
Il più antico par, che rispondesse:
- «Se su quel monte tu potessi andare,
Ed aspettar il vento, che venesse,
A casa d'un Romito ad albergare,
Più di sessanta venti per certano,
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