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      C'è quei duoi signori, io mi vergogno.» - Va di là questa ragazzina, dice: - «Sa, signor Padre, non ci vuol venire, perchè si vergogna, che c'è questi due signori.» - Tanto Francesco che quell'altro sente dire. - «Ah!» - dice, - «dica pure, che nojaltri non siamo signori di soggezione. Può venire, può venire a pranzo. Non si pigli soggezione di nojaltri: può venire, può venire a pranzo.» - Va dentro la sorellina e gnene dice. - «Adesso finisco di far la toalette e verrò.» - Eccotela e viene per andare alla tavola da pranzo. Francesco, che te l'occhia, fa così al compagno: - «Lascia fare a me, che l'è tutta il vero ritratto!» - Eh! un pranzo quello, ch'è lì, sontuoso: bottiglie, caffè, confetture; mangiano, bevono, si divertono. Dice Franceschino: - «Sa, signor Padrone; ora mi dirà quello, che devo dare.» - Dice: - «Niente. A questi signori, che vengono sù in quest'isola, che è qui, non faccio pagar niente.» - «Sa, signor padrone, Lei,» - dice Franceschino - «bisogna, che venga a vedere una cosa bellissima nel mio bastimento, che si divertirà di molto, sa. Deve venire a vederla tutta la sua famiglia, sa.» - Si alzano di tavola, si rivestono benone, tanto il carbonajo, la carbonara, il figlio, le figlie per andarsene insieme con questi due giovanotti nel bastimento. Si rizzano, sortano da il posto, vengon fori, chiudono la sua porta e se ne vanno in verso la riva del mare per entrare nel bastimento. Quando entrati sono nel bastimento, Franceschino dà d'occhio ai marinari, che diano le vele a il vento, per andare di gran carriera a Costantinopoli[3]. Intanto Franceschino gli fa vedere tutte quelle belle rarità, che gli avevano.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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