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      Per sei mesi, diede un regalo ai poveri di pane, vino; e quelle tante libbre di carne per sei mesi a testa. Dice un giorno il socero, che l'era i' carbonaro: - «Carissimo genero, abbiate da sapere, che io ho tante libbre di carbone, che mi va a male. Bisogna, che io ritorni al mio destino.» - Dice il signor Giovanni: - «Oh Franceschino, vieni qua. Te sarai quello, che accompagnerai mio socero, mia socera e il mio cognato nel suo posto. Ditemi un pò, carissimo socero, non avete parenti nel vostro posto?» - «Oh lontani!» - «Lontani o vicini, io dico, che cediate loro tutte le vostre ricchezze. E te, Franceschino, riportali addietro in Costantinopoli; che qui c'è da vivere e da fare i signori ancora loro, come uguali sono a me.» - Il fatto si è che... Lasciamo stare questi, che son là, che dispensano il suo a queste tali persone e torniamo a Giovanni e alla sposa.[5] Abbiate da sapere, che ci era un altro signore, che era ricco sì, ma non tanto quanto il signor Giovanni. Questo signor Giuseppe, nell'andando a i' caffè, il caffettiere fa: - «Oh signor Giuseppe, è tanto tempo, che Lei manca di venire nella mia bottega! Eh sarà stato degl'invitati allo sposalizio del signor Giovanni di Costantinopoli; eh?» - «Eh, non sono stato degl'invitati, non sono stato.» - «Eh Le dirò per cosa, eh, signor Giuseppe, perchè non sarà stato invitato. Siccome[6] il signor Giovanni saprà, che Lei è un galluccio, però non l'avrà invitato allo sposalizio.» - Dice: - «Che gallo e che non gallo! Quanto tempo è, che non ci è stato il signor Giovanni di Costantinopoli?


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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