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      N'aveva il nome delle contentezze! Dice quello, che era travestito da orefice forastiero: - «Lei, Maestà, non si pole lamentare; sta bene e non gli manca nulla. Dunque gli è per questa ragione, che lo chiamano il Re delle contentezze?» - «Eh! di sicuro, questo pare. Ma venite con meco e vi farò vedere i mi' contenti. Venite, venite.» - S'alzano; e il Re innanzi a girare per tutto il palazzo, pieno d'oro, di pietre preziose; una ricchezza, che cavava gli occhi a vederla; poi arrivorno a un salone, giù fondo - anche qui c'è fondo - ma lì, al paragone, fondo, chè la fine non si vedeva. Dice il Re: - «Guardate quelle tre belle donne, che lavorano: una è la Regina, la mi' sposa; e quell'altre due sono le su' camberiere, che gli tengono compagnia. Avre' a esser contento io, con quel tocco di sposa! è una bellezza splendente; non ce n'è altre di compagne.» - Tutti assieme si avvicinorno. Ma, più che il Re s'avvicinava e la su' sposa cominciava a allargar le braccia e a tremolare; e, quando lui gli era dinanzi a petto, la Regina si trasmutava in una statua. Dice il Re: - «Ecco le mi' contentezze! Una bellissima sposa, che non la posso toccare, perchè diventa una statua. I' sono un omo sperso; e 'l mi' Regno non avrà eredi.» - Que' du' viaggiatori rimasono sbalorditi a quello spettacolo; e, quando si furno licenziati dalla corte, disse il servitore al su' padrone: - «Maestà, torniamo a casa e state colla vostra moglie; perchè si vede, che, nel mondo, de' contenti non ce n'è, e della miseria n'è più in casa degli altri, che a casa vostra.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





Maestà Regina Regina Regno