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      Ma stiede zitto e 'nvece gli disse a quel contadino: - «Gli farò da padrino, se vo' siete contento, alla vostra creatura. Vo' non ve n'arete a pentire.» - «Oh! faccia Lei, se si vole incomidare; vienga pure in casa con meco.» - Entrano dunque in casa del contadino, e già la donna aveva partorito un bel maschio. E gli si messan tutti d'attorno per ammannirlo alla cirimonia del comparatico; e, fatto che ebbano ogni cosa, come costuma in simili casi, il Re disse: - «Questo figliolo lo voglio io. Me l'avete a dare, perchè, se lui dev'esser Re, bisogna dargli un'aducazione; e voialtri per questo non n'avete i mezzi. Io de' figlioli non n'ho, e 'nvece tierrò questo per mi' figliolo legittimo.» - Si sa, gli omini tacciano e le donne discorron di più: il contadino steva zitto e non opponeva difficoltà; ma la su' moglie si lamentava, che gli volessan portar via la su' creatura a mala pena nata. Ma poi, doppo del pezzo, di' e ridì', anco lei si persuase; e il Re, col bambino rifasciato, lassata una bona mancia a' su' genitori, se n'andette assieme al su' servitore, che l'aveva accompagnato insino a lì. Quando furno drento a un bosco folto, che c'era il mare vicino, disse il Re al servitore: - «Piglia questo coltello e ammazzalo codesto bambino e buttalo 'n mare. I' t'aspetto all'osteria; e 'ntendo, che tu mi porti il fegato del bambino, che me lo vo' mangiare.» - Il servitore rimase nel bosco; e, doppo che il Re si fu dilontanato, badava a dire da sè: - «Gua', che be' modi! rubbare i bambini degli altri per poi ammazzarli!


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708