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      E bisgognerà, che l'ammazzi per l'ubbidienza; chè, se non gli portassi 'l fegato, la mi' testa non la salverei.» - Alzò il coltello e alla creatura gli diede un colpo nel collo; ma in quel mentre che gli tirava, gli comparse a piedi un agnello; e subbito ripensò di levare il fegato all'agnello e la creatura lassarla nel bosco, a quel modo ferita, alla bontà di dio: e a quel modo lo fece. E quando il Re ebbe il fegato dell'agnello, sicchè lui e' lo credè quello del bambino; e con rabbia se lo mangiò, scramando: - «In sul mi' trono tu non ce lo barbi il sedere!» - Ma che vadia pure il Re a casa sua allegro e contento per aver commesso questo delitto! Tanto, quel che è scritto 'n cielo non si scampa; e 'l su' destino a chi tocca tocca; e rinusce ogni sempre a quel modo come dio ha decretato. Torniamo dunque a quella creatura sciaurata lì a diacere dentro un cesto di stipa nel bosco, e colla piaga sanguinosa nel collo; la piaga imperò non era mortale, perchè poi rinsanichì e gli lassò soltanto una ciprigna, che a toccarla si sentiva sotto le dita. La mattina doppo, a levata di sole, un signore di que' contorni girava a caccia co' su' cani; e, quando i cani giunsano al cesto di stipa, addove steva il bambino niscosto, eccoti a scagnare, che pareva il finimondo. Il padrone corse subbito là, perchè lui pensava, che ci fusse la liepre al covo; e ti vede la creatura che ugnolava dalla fame. - «Oh!» - dice, - «Iddio m'ha provvisto! appunto non ho figlioli, e anco la moglie sarà contenta d'aver questo per suo.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708