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      Un giorno, entrano in cambera e il Re siedeva sulla sedia rossa. Dice la maggiore: - «Signor padre, oh! che gli è intravvenuto?» - «Ho ricevuto una lettera dal Re a confino, e lui mi dichiara la guerra. Ma io, a questo modo ammalato, non so dove sbacchiare il capo, perchè da me non posso andare al comando dell'assercito. Bisognerà, che trovi un bon generale.» - Dice la maggiore: - «Se lei me lo permette, il generale sarò io. Vedrà, che son capace a comandare a' soldati.» - «Chê! non son affari da donne,» - gli arrispose il Re. - «Oh! la mi provi.» - «Sì, farò a tu' modo,» - disse il Re: - «Ma con questo, che, se per istrada tu rammenti cose da donne, subbito 'ndietro e a casa.» - Quando si furno accordati, il Re chiama il su' fido servitore e gli comanda di montare a cavallo colla Principessa per accompagnarla alla guerra; ma che lui la rimeni al palazzo, se la Principessa rammenta cose da donne. Ogni cosa pronta, montano a cavallo e vanno via; e 'l servitore accanto della Principessa. E, camminato che ebbano un pezzo, arrivorno a un bel canneto. Dice la Principessa: - «Oh! che belle canne! Se s'avessano a casa, quante ma' rocche ci si faremmo.» - «A casa, a casa,» - disse il servitore: - «Vo' avete ricordato cose da donne.» - E tornorno a casa. Si fece allora alla presenzia del Re la mezzana, che volse in tutti i modi andar lei a comandar la battaglia; ma il Re ce la mandò co' medesimi patti della maggiore. E, arrivata che lei fu al canneto, stiede zitta; poi passorno in mezzo a una palaia.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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