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      Se noi lo si trova, gli ha da andare in pezzi.» - Questo poero gobbo, considerate, lo picchiano, lo bastonano, via, quanto posson loro. Lo bastonano; e poi, dopo, lo mettono sull'istessa tavola del compagno. - «Prendete quel gobbo» - dicono - «mettetegnene davanti.» - Prendono il gobbo e gnene appiccican davanti; e poi, a suon di bastonate, lo mandan via. Va nel suo posto e trova l'amico: - «Misericordia» - dice - «o che non è quello il mio amico? Chêh! non è, perchè gli è gobbo anche davanti» - dice. - «Ma dài retta,» - dice - «non sei tu il mio amico?» - «Altro!» - dice piagnucolando. - «Non volevo il mio di gobbo e mi tocca ora a portare il mio e il tuo! e tutto bastonato, tutto rifinito, non vedi?» - «Vien via» - dice l'amico - «vieni a casa e così si mangerà un boccone assieme; e non ti confondere.[2]» - E così, tutti i giorni, gli andava a mangiare una zuppa dall'amico; e poi saranno morti, m'immagino.[3]
     
     
      NOTE
     
      [1] Vedi Gradi (Saggio di Lettere varie pe' giovani). Novella de' due Gobbi. - Pitré. (Op. cit.) LXIV. Lu scarparu e li diavuli. - Pietro Piperno. (De Nuce maga Beneventana) Casus II. De Gibboso vi Dæmonis mutato in arenationem, seu ante pectus in convivio nucis Beneventanae mag. - Anche il Gozzi ha narrato questa frottola. Francesco Redi, scriveva il XXV Gennajo M.DC.LXXXIX di Firenze al Dottor Lorenzo Bellini in Pisa. - «Come una mamma amorosa, che, intenerita di quella sua figliuola gobba e sciancata, vorrebbe pure, ch'ella comparisse con l'altre a una festa, e perciò s'affanna a farle raddoppiare i tacconi alla scarpa del piede zoppo, e le rimpinza guancialetti e batuffoli di cenci intorno a' fianchi ed intorno alle spalle; così ho fatto io di nuovo intorno a quelle terzine, una di queste notti così gelate, mentre mi tribolava, che non poteva dormire.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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