Una versiera o diavolessa, che si fosse, facendogli un grazioso inchino, lo invitò alla danza, ma egli vi si portò con tanto malgarbo e con tanta svenevolaggine, che stomacò tutto quanto quel notturno conciliabolo. Il quale poi, mettendosegli attorno e facendo venire in un bacile quella gobba segata al primiero gobbo, con certa tenacissima pegola d'Inferno la appiccò nel petto di questo secondo gobbo. E così questi, che era venuto qui per guarire della gobba di dietro, se ne tornò vergognosamente al paese gobbo di dietro e dinanzi; conforme suol quasi sempre avvenire a certi ipocondriaci cristianelli, che, volendo a tutti i patti e a dispetto del mondo, guarire di qualche lor male irrimediabile, ingollano a crepapancia gli strani beveroni di qualche credulo ma famoso medicastro e di un sol male, per altro comportabile, che hanno, incappano per lo più dolorosamente in tre o quattr'altri più dolorosi del primo, i quali presto presto li mandano a Patrasso, ch'è un oscuro paesello lontano da Firenze delle miglia più di millanta. Or voi, caro Bellini, applicate questa frottola alle terzine del mio sonetto. Leggetele, ridetevene, burlatemi, cuculiatemi, che me lo merito; e se non ho potuto rabberciarle io, fate la gran carità di rabberciarle voi:
«Che per onor dei fichi e delle pereFra' medici più saggi di Parnaso,
Foste creato l'arcimastro e il sere,
E in ogni cul potete dar di naso.» -
Il paragone de' cristianelli allude ad un altra frottola, ricordata anche da Michele Zezza, in uno de' sonetti del Carteggio poetico di Picà e di Picò.
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