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      Morì il padre; e quelli rimasero con la coppia buona e il Trianniscia con la vacca grama. E che fece il Trianniscia? Prese e scorticò la vacca e ne buttò la pelle sopra un pero agreste. La pelle si disseccò ben bene; ed egli la legò con un filo alla sua persona e andava camminando e facea il tamburrino. Arrivò ad un canale, dove i ladri stavano spartendo molti denari. Essi udirono il tamburro e dissero: Lasciamo i denari, che vengono i carabinieri e ci conducono in prigione. E il Trianniscia li prese e ritornò a casa sua e mostrò i denari a' suoi fratelli. E i suoi fratelli gli dissero: Come facesti, fratelluccio nostro? Ed egli disse: Scorticai la mia vacca, ne seccai la pelle e la vendetti. Si voltarono i fratelli e dissero: Facciamo anche noi come fece costui? Ammazzarono i buoi, ne buttarono la pelle sopra un pero agreste e la fecero disseccare e la presero e andavano dicendo: Chi vuole pelli a cento ducati il pelo? a cento ducati il pelo? Vennero i carabinieri e li pigliarono. E quando uscirono, voleano ammazzare il loro fratello. E questo prese una cesta e andò ad un paese, da un cantiniere; e gli lasciò la cesta e disse: Non me la tocchino; che io devo andare ad ascoltare la messa. E quando ritornò, non ritrovò la cesta; perchè i servi del cantiniere l'aveano presa per mettervi dentro sterco; e cominciò a fare parole. E il cantiniere gli disse: Non parlare più che io ho cento ducati e te li dò. Quegli, quando ebbe i danari, pigliò strada e se n'andò. E di nuovo che fece? si nascose nella chiesa, entro un confessionale.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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