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      Camminato che ebbano un pezzo, s'era fatto notte scura in mezzo a una macchia, sicchè il Savio si fermò, e arrivoltandosi vedde il Mattarugiolo colle 'mposte addosso. - «Oh! poero a me, tu non ne fa' una a garbo.» - Dice il Mattarugiolo: - «Oh! tu non ha' detto, piglia l'uscio e viemmi rieto?» - «Sì, ma ho volsuto dire, nusci di casa, allocco.» - Ma in quel mentre, che contrastavano, si sente de' rumori e delle voci. Dice il Savio: - «Zitto, ci sono gli assassini. Presto, montiamo in vetta a questa quercia, insennonnò ci ammazzano.» - E subbito s'arrampica su per il tronco e s'accomida alla meglio nel folto delle foglie tra du' rami; e anco il Mattarugiolo gli andette rieto, insenza però lassare le du' imposte. Figuratevi che fatica! Doppo un po', eccoti compariscono gli assassini; sarà stato in verso la mezzanotte: e loro accesano de' lumi, poi stesano una tovaglia e lì prima ci contorno dimolti quattrini rubbati e poi si messano a mangiare e a bere, perchè con loro avevano presciutti, salami, de' fiaschi di vino e insomma ogni ben di dio. In su 'l più bello dice il Mattarugiolo al Savio: - «Mi scappa da pisciare.» - «Non la fare, sai. Che se ci scoprono, siemo morti.» - «I' non posso tienerla. Mi scappa.» - E 'n quel mentre piscia. Gli assassini, che eran sotto alla quercia, a sentirsi tutti bagnare, si rivoltorno 'n su per vedere quel, che fosse. Dice il capo-ladro: - «Di certo c'è tra' rami qualche uccellaccio. Gli si tirerà domani a levata di sole.» - E si rimettono a mangiare.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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