Quando ebbe fatto il prete tutto quello, che voleva fare, tornò via di cucina; e via prese il suo filo in mano per ritornare alla camera. E Marco stava attento. Appena fu entrato in questa camera degli sposi, avviò a chiamare Marco. Per l'appunto c'era una scarpa nel mezzo, 'nciampò in questa scarpa, e la 'nfarinata cascò tutta nel viso agli sposi. La Sposa si risvegliò, a urlare: - «C'è i ladri, c'è i ladri!» - Questo prete, nel sentire che era in camera degli sposi, c'era una finestra, diede una capata a questa finestra, e saltò di sotto, e si rompiede il collo. Sicchè tutti andarono a vedere, e veddero che era il suo zio prete. Si figuri come rimasero dispiacenti, e il caro Marco se ne ritornò a casa del prete, e si godiede tutta quella bella roba. Se ne prese moglie, e lì sarà ancora.
Fece le nozze, e un bel confetto;
E a me mi toccò un bel calcio nel petto.
NOTE
[1] Donatami dal Dott. Giuseppe Pitrè, cui era stata somministrata dall'Avvocato Giovanni Siciliano, che l'aveva raccolta dalla Maria Pierazzoli di Prato-Vecchio nel Casentino. Se la memoria non m'inganna, ce n'è un riscontro negli Ecatonmiti del Giraldi. Ma non ho qui il volume per riscontrare e verificar la cosa.
[2] Chiù, un uccello notturno.
XLIX.
FAR' E PATTI[1]
Sicchè donche, cuand'e patti e' si fanno da sene, e' vantaggi e' si pigghiano ugni sempre a su' proprio mo'; come ghi accadette tra i' lupo e i' granchio, cuando i' lupo e' si riscontròe co' i' granchio su pe' 'na macchia e si mettiede a sbeffallo, perchène lui ghi andèa accosie di traèrso, chè paréa isciancato.
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