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      Così venne combinata la scommessa in presenza dell'oste, che nominarono giudice de' sogni, che avrebber fatto. E se ne andarono a riposare. Uno di essi, svegliatosi la mattina all'alba e sentendo appetito, andò in cucina; e, preso dall'armadio il pane, la tacchina ed il vino, mangiò e bevve tutto. Alzatisi gli altri, il trovarono con l'oste, che fecero sedere in un vecchio caregone, perchè decidesse della qualità e del merito de' sogni di ciascuno. Il primo narrò, di aver sognato di ascendere in paradiso e di godervi tutti i piaceri della beatitudine, i quali eran tali e tanti, da non potersi da umano labbro raccontare; e concluse non potersi fare un più bel sogno. L'altro disse, d'aver sognato di precipitare nello inferno, sottostandovi a tali e tanti patimenti, e soffrendo tale e tanto spavento, da rimaner tuttora sbigottito. L'oste osservò al primo: - «È innegabile, il vostro sogno esser bellissimo.» - E volgendosi al secondo gli diceva: - «È del pari innegabile, il vostro sogno esser orrendo. Ora sentiamo il terzo.» - Ed il terzo, calmo e ridente, raccontò, che aveva sognato, essere i suoi due poveri compagni morti, assunto l'uno in Paradiso, e precipitato l'altro all'Inferno. Che, pe' dogmi della nostra santa religione, da que' luoghi, o bene o male che vi si stia, non si ritorna in questo mondo; e difatti di quanti son partiti per andarvi, nessuno è mai tornato. Persuaso quindi, nessuno de' due aver più bisogno di colezione, si era alzato; e, credendo di dover partir solo, avea mangiato quanto vi era e beuto il poco vino avanzato.


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La novellaja fiorentina
Fiabe e novelline
di Vittorio Imbriani
Editore Vigo Livorno
1877 pagine 708

   





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