Coprono d'ocra i cadaveri dei loro cari ed accendono il fuoco accanto ai tumuli, allo scopo di allontanare gli spiriti maligni.
Dopo molti e molti secoli noi ritroviamo la famiglia primitiva convertita in tribù. I suoi componenti acquistarono omai caratteri fisici ed intellettuali, che li rendono assai diversi e più nobili dei progenitori.
L'ambiente in cui costoro esercitano la loro attività non e più la selva, ma una landa nevosa, limitata da alte montagne, nelle cui valli sono incastonati immani ghiacciai, come gemme in un monile, ghiacciai che alimentano spumosi torrenti. Nella valle della Roia, la Rutuba dei Romani, scendeva una lingua di ghiaccio che traeva le sue origini dai fianchi dell'Abisso, del Bego, del Becco Rosso. L'Argentera, il Clapier, il Pizzo d'Ormea e il Mongioie erano in gran parte coperti da un candido manto; né mancavano fiumi irrigiditi dal freddo nei bacini superiori della Nervia, dell'Argentina, del Tanaro, mentre altri minori si irradiavano dal Settepani e dall'Ermetta, e, più ad oriente, dal Misurasca, dal Penna e dall'Aiona.
Un cielo di piombo incombeva allora, quasi costantemente, su tutta la Liguria e ne risultavano acquazzoni e sopratutto nevi assai copiose. Solo più tardi, mentre la precipitazione si traduceva in pioggie diluviali, si sprigionarono i venti che sollevarono le arene del Capo Mele e del monte Caprazoppa. Il clima si manteneva meno aspro in riva al mare, ove, perciò, si stabilirono i primi aggregati umani, divenuti più tardi villaggi e città.
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Fra le nebbie del passato
Cacce battaglie e amori degli antichi liguri
di Arturo Issel
Nicola Zanichelli Editore Bologna 1920
pagine 69 |
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