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      Si penetrava nel sotterraneo mediante una grande apertura a foggia di bocca di forno, dall'alto della quale pendevano, a guisa di tenda, ciuffi di capelvenere. La prima cavità era ampia, bene illuminata, colle pareti rivestite di concrezioni lapidee, simili a bruni drappi dai margini frastagliati. Nel fondo si profilavano bizzarri pilastri, che destavano l'idea di mostri impietriti, tra i quali si addentravano misteriosi androni quasi del tutto oscuri. Dalla volta, alta ed irregolare, pendevano esili stalattiti, scintillanti all'estremità per l'acqua che ne stillava. A destra si spalancava un diruto burrone e serpeggiava fra i massi fino a grande profondità un rivoletto spumoso. In questo burrone e negli spechi più remoti splendevano qua e là, nell'ombra, i fuochi di lampadine di terra cotta, alimentate da grasso, che apparivano come punti luminosi. Questa sede della tribù non era meno maestosa e severa del castello medioevale, sorto dopo oltre dieci secoli sulla balza vicina; nè si può dire che fosse meno atta alla difesa. Scavata dagli agenti naturali in un dosso roccioso, per tre lati limitato da scheggiate forre, non era accessibile che da angusto e dirupato sentiero. L'ingresso era per metà sbarrato artificialmente da un semicircolo di massi greggi, che lasciavano tra l'uno e l'altro stretto intervallo. Inoltre, chi si fosse arrischiato a superarlo a dispetto degli abitanti poteva essere facilmente offeso, per mezzo di sassi precipitati dal ripiano che domina la bocca del sotterraneo.


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Fra le nebbie del passato
Cacce battaglie e amori degli antichi liguri
di Arturo Issel
Nicola Zanichelli Editore Bologna
1920 pagine 69