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      Alto, tarchiato, robustissimo, rotto ai pericoli e alle fatiche, aveva una fisionomia aperta, che ispirava fiducia, e un piglio altero, che imponeva rispetto e timore. Le sue fattezze erano regolari, quantunque un po' troppo accentuate, con zigomi sporgenti ed ampia bocca, munita di forte dentatura, occhi grigi, traenti al verdastro, vivacissimi, espressivi, che illuminavano una fronte spaziosa; chioma nera, abbondante, raccolta al sommo del capo ed assicurata con due lunghi aghi crinali. Vestiva con una certa eleganza una lunga tunica finissima, di pelle d'agnello, fregiata alla parte inferiore di larga fascia di lana rossa, e provvista di ampio cappuccio; portava calzari di cuoio accuratamente assicurati con lacinie, che risalivano fin sopra i polpacci e legavano strettamente le striscie di pelle avvolte intorno alle gambe. Poco differiva la sua acconciatura da quella in uso anche al presente presso i Ciociari del Lazio. Abilissimo nel maneggio delle armi, andava quasi sempre munito di un arco di insolite dimensioni e di lunghe freccie, e non abbandonava nè giorno nè notte l'ascia forbitissima di pietra verde, immanicata in un corno cervino, che teneva abitualmente sospesa alla cintura.
      Il Nibbio e i suoi compagni conoscevano le spade, i pugnali e le corazze di bronzo, venute in loro possesso per via di scambi, ma erano loro poco famigliari, e non pregiavano elmi e scudi metallici, già in uso presso alcune tribù più civili, e in ispecie fra i Genuati.
     
     
      I traffici.
     
      Dopo la prima avvisaglia, sia perchè non disponessero di forze sufficienti, sia perchè ritenessero il momento poco opportuno per l'attuazione dei loro disegni, i Romani si allontanarono al di là dei monti e si studiarono di calmare le apprensioni che la loro avanzata aveva provocati tra i Liguri.


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Fra le nebbie del passato
Cacce battaglie e amori degli antichi liguri
di Arturo Issel
Nicola Zanichelli Editore Bologna
1920 pagine 69

   





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