La moltitudine dei Liguri era solo vincolata dall'odio che la sospingeva contro il comune nemico. Ogni tribù, d'altronde, riconosceva solo l'autorità di un capo elettivo, e combatteva tumultuosamente e in disordine, talvolta però con impeto irresistibile.
L'istinto e la lunga consuetudine, ben più che disegni ben meditati, suggerivano loro ingegnosi artifizi per cogliere il nemico all'improvviso e sopraffarlo. La perfetta cognizione del terreno, l'attitudine a superare facilmente passi per altra gente impraticabili, la rapidità colla quale si trasferivano fra punti assai lontani, malgrado l'asprezza del terreno, la resistenza alla fatica, alle intemperie e al digiuno li rendevano formidabili.
Nell'esercito invasore il corpo principale, costituito di vecchie milizie esperte nella guerra e disciplinate, era in gran parte armato di aste e di brevi spade acuminate, a due tagli. Quasi tutti portavano elmo di ferro arrotondato, senza cresta nè cimiero, corazza formata di squame imbricate e grande scudo di ferro, di forma ovale. Da lontano si vedeva scintillare, nel mezzo di ciascuna coorte, l'aquila d'oro della rispettiva insegna, custodita da un centurione.
La cavalleria, che di solito occupava le ali di ciascuna legione, era in questo caso raccolta alla coda, mancandole lo spazio di svilupparsi lateralmente. I cavalli, assai piccoli, ma vigorosi, e provvisti di ampia sella e di gualdrappa a vivi colori, portavano militi armati di lunga spada e muniti di piccolo scudo rotondo e di elmetto.
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Fra le nebbie del passato
Cacce battaglie e amori degli antichi liguri
di Arturo Issel
Nicola Zanichelli Editore Bologna 1920
pagine 69 |
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Liguri
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