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      Il Ligure, che sembra stanco, vacilla, indietreggia di qualche passo, quasi per sfuggire al ferro che lo incalza, poi ad un tratto, si arresta e scaglia, con forza, la propria arma sul nemico, il quale, colpito nel collo, stramazza come corpo morto, perdendo fiotti di sangue dalla carotide recisa.
      L'esito inaspettato della tenzone suscita accenti d'ira e vive proteste da parte dei Romani, che accusano Odè di frode, mentre i suoi compagni lo acclamano vincitore. La controversia si inasprisce, degenera ben presto in zuffa: la peggio tocca ai Liguri, i quali, sopraffatti, volgono in fuga e cercano rifugio nella vicina caverna, ove già si erano raccolte le donne e i bambini, come nel più sicuro dei nascondigli.
     
     
      I Romani domano il nemico col fuoco.
     
      Irritato di veder così delusa la sua aspettativa, e risoluto a troncare ogni altro conato di resistenza, Fulvio impone ai Liguri la resa a discrezione; e, siccome non rispondono, ordina alle sue milizie, di accumulare stoppie, fascine e rami d'albero alla bocca della spelonca.
      Considerando i suoi come irreparabilmente perduti, il Nibbio bramava che le donne (fra queste Ero e Nida) e i fanciulli uscissero dalla grotta e si affidassero alla generosità del nemico; ma alle sue ingiunzioni furono sorde le spose, le sorelle e le madri. Tutte ad una voce dichiararono che non intendevano separare la propria sorte da quella degli uomini. "Noi pure, esclamarono, noi pure sapremo morire!"
      Il crepitìo e il denso fumo annunziarono come fosse iniziata contro quei miseri l'estrema rappresaglia.


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Fra le nebbie del passato
Cacce battaglie e amori degli antichi liguri
di Arturo Issel
Nicola Zanichelli Editore Bologna
1920 pagine 69

   





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