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      Mentre il nostro eroe si aggirava presso la Pollera in preda ai più tristi pensieri, gli si parò dinnanzi una donna scarmigliata, che aveva impresse sul volto le stimate della disperazione. Taicina, era dessa, si prostrò lagrimando dinanzi al giovane e disse: "fui io, pur troppo, che, accecata dall'ira, suscitata dal tuo disprezzo, insegnai al nemico la via della caverna, estremo rifugio dei Sabazi. Non sapevo quello che io facessi, e, solo quando era troppo tardi, conobbi l'enormità del mio delitto. Ora, pentita, imploro il castigo che meritai ed aspetto la morte dalle tue mani". "Togliti dalla mia presenza, femmina disgraziata, ed espia col rimorso la tua colpa, rispose il Nibbio; per me è vana la vendetta. Io mi sento incapace d'odio, d'amore e di speranza!"
      L'indole dell'intrepido campione dei Sabazi si era intanto singolarmente mitigata: non più insofferente di contraddizioni, si mostrò tollerante e mite per coloro che disconoscevano la sua autorità; le offese non suscitavano più in lui propositi di vendetta. Si fece protettore degli umili e dei deboli, e si adoperò ogniqualvolta poteva nel difendere le donne e i bambini dai maltrattamenti cui bene spesso erano assoggettati da parte dei loro famigliari. Egli divenne attivo fautore di pace e di concordia.
      Convien dire che, cessata la lotta, i Romani procuravano di occupare e presidiare fortemente le posizioni strategiche della regione ligure, e di estendere pacificamente la loro penetrazione col promuovere l'impianto di piccole stazioni, nelle quali si adoperavano a favorire i contatti amichevoli degli indigeni cogli invasori.


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Fra le nebbie del passato
Cacce battaglie e amori degli antichi liguri
di Arturo Issel
Nicola Zanichelli Editore Bologna
1920 pagine 69

   





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