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      Avvenne in quel volger di tempi che nascesse un fiero contrasto fra Sabazi ed Ingauni della montagna, per l'uso di alcuni pascoli. La contestazione si inasprì a tal segno da trascendere in zuffa. Secondo il consueto, il Nibbio, sollecitato dai suoi conterranei, si reco in veste di paciere presso i contendenti e, mentre accanitamente combattevano, non si peritò di inoltrarsi, disarmato, fra loro, scongiurandoli di desistere dalla lotta fraterna. Pur troppo non fu visto o non fu conosciuto, e, quantunque fosse dalle due parti amato ed onorato, rimase trafitto nel fianco destro da una zagaglia scagliata con insolita veemenza. Egli s'inginocchiò sul terreno arrossato dal suo sangue, gridando con voce fioca: "pace, pace!" ed alzando le mani: tentò allora di estrarre il dardo, che era rimasto confitto nella ferita, e cadde svenuto. Taicina, che era poco lontana, accorse immantinente, sedette sul suolo insanguinato, appoggiò sul proprio grembo il capo del ferito, e raccolse piangendo l'ultimo anelito dell'intrepido guerriero.
      Non è a dire come, appena caduto il Nibbio, cessasse d'un tratto, per comune consenso, la lotta omicida, e quanto Ingauni e Sabazi deplorassero unanimi, dal più profondo del cuore, il funesto evento. Rimase loro soltanto lo sterile conforto di celebrare solenni esequie in onore dell'estinto, e sulla tomba appena dischiusa giurarono che tra i Liguri la pace sarebbe durata perennemente, proposito vano, il quale doveva essere dimenticato prima che fossero appassite le pratoline sparse in quel momento nei pascoli, funesta eredità di discordia che incombeva sulla nostra gente e si perpetuava nelle generazioni future.


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Fra le nebbie del passato
Cacce battaglie e amori degli antichi liguri
di Arturo Issel
Nicola Zanichelli Editore Bologna
1920 pagine 69

   





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