Oh sì: su tutte le tombe vediamole scolpite in caratteri di luce, oggi, e ascoltiamole ancora, dopo secoli, venire a noi dalle labbra del Maestro, le parole della salvezza e della grande Promessa: «Io sono la risurrezione e la vita: chi crede in me non morrà».
III.
Fede.
L'idea e la visione della morte, nei Vangeli, prescindendo dal tragico dramma del Calvario, olocausto, apoteosi dell'Uomo-Dio, più che morte - è sempre soffusa di dolcezza, di pace, appena velata d'un'ombra sotto cui traspare la luce eterna; inghirlandata sovente dei mistici asfodeli del miracolo. Nulla di sinistro, d'impressionante, nemmeno quando un corteo funebre traversa le vie di Naim, poichè il Maestro divino lo cambia in una processione di letizia osannante; nemmeno quando un sepolcro s'apre e n'esce un uomo. - Lazzaro - deposto colà da tre giorni, poichè la morte non fu che riposo. La bianca figura del Cristo, con la sua irradiazione di luce vince ogni tenebra.
Nella predicazione di Gesù ricorre sovente la promessa e il miraggio d'una vita oltre la vita, d'un regno Celeste di beatitudine, di giustizia e di pace a cui solo si può giungere attraverso la sofferenza, l'amore, la purità, la virtù; ma della morte come catastrofe o come termine dell'esistenza, Gesù non parla, quasi si trattasse soltanto di uno stato transitorio, di un sonno un po' più lungo e un po' più triste a cui il cristiano debba prepararsi guardando più lontano, nella chiarità di un'alba divina.
Ai Saducei che negavano la risurrezione diceva: «Non è il Dio dei morti, ma dei vivi». (Matteo XXII, 32).
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