Dell'ora del trapasso, Gesù parla con gravità dolce e tranquilla, come d'un appello, d'una diana che squillerà all'improvviso, esortando gli uomini a tenersi pronti con tranquillità di coscienza ed anima volta alle idealità superne, «Quanto poi a quel giorno e all'ora, nessuno lo sa: nemmeno gli angeli del cielo, ma il solo Padre» (Matteo XXIV 36) ed anche: «Vegliate dunque, perchè non sapete a che ora venga il Signor vostro... Siate preparati, perchè in qual ora non pensate, verrà» (id. id.).
Quanta previdenza soave nel ripetersi di questo ammonimento. Egli non rappresenta un Dio terribile, giustiziere, distruttore, ma uno Spirito arcano che passerà con un monito al quale ognuno deve obbedire, poichè la sua missione terrena è finita.
E voleva, Gesù, che ognuno sentisse l'importanza di questa missione, il dovere di perfezionarsi, di ascendere: di purificarsi per comparire mondi al cospetto di Dio che creò innocenti:
«Vegliate su voi stessi: che i vostri cuori non siano depressi da crapula e da ubbriachezza e da cura della vita, cosicchè repentina vi venga addosso quella giornata: che come un laccio sopravverrà a quanti abitano la faccia di tutta la terra. Vegliate dunque pregando in ogni tempo...» (Luca XXI, 34).
Vegliate - questa parola che ricorre come un ritornello, è densa d'eloquenza per il cristiano, ed è tanto conforme alla dottrina di Cristo, di dolcezza, conforto, persuasione: conoscenza profonda della miseria umana. Egli non comanda di emendarsi alle turbe peccatrici, non intima loro di abbandonare le cattive abitudini, terrorizzando col Giudizio di Dio, come più tardi faranno i fanatici monaci medioevali; Gesù consiglia soltanto fraternamente di vigilare: di guardare entro di noi, nella coscienza, nel cuore; di cercar luce; di esser previdenti e solerti.
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