L'atto pietoso di fraternità e d'amore è quello che trova più grazia presso Dio: «Stendi al povero la tua mano - si legge ancora nel grave libro dell'Ecclesiaste - affinchè sia perfetta la tua propiziazione e la tua benedizione».
Come riesce infatti più dolce, più spontanea e intima la preghiera dopo una buona azione! Il riflesso del bene operato, illumina d'una luce soave, ideale, l'animo nostro, e lo sentiamo beneficato dal beneficio compiuto, più degno di comunicare con la Divinità, più degno di essere ascoltato.
«Ecco, o Signore, noi diciamo, che ho agito secondo il tuo comandamento: ecco che ti ho obbedito. Ascolta ora l'anima mia che in Te si rifugia e si apre a Te».
E non per noi saranno allora le severe parole che riferisce san Luca nel suo Vangelo: «Ma perchè dite a me Signore, Signore, e non fate quello che dico»?
Ecco l'angoscia che più contristò la vita terrestre di Gesù: l'indifferenza, l'inadempimento dei suoi precetti semplici e sublimi. I discepoli e le turbe erano pronti a ricorrere a Lui nelle necessità della lor vita materiale, erano insaziabili nell'esigere il miracolo, ma poi una volta soddisfatti e proclamata con uno slancio la loro riconoscenza, tornavano alle loro abitudini, non obbedivano al loro Maestro, non lo rimeritavano nell'unico modo ch'Egli, dolcemente, chiedeva:
«Ma perchè dite a me Signore, Signore: e non fate quello che dico?» E continuava: «Non chiunque dice a me Signore, Signore! entrerà nel regno de' cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio, quegli entrerà nel regno de' cieli.
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