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      L'esercizio del bene è un obbligo per le nature privilegiate. Come il faro del porto, la lanterna del minatore, la lampada famigliare non ardono per compiacersi del proprio splendore, ma per rischiarare le genti, così la fiamma dell'intelletto e del cuore non può essere termine a sè stessa, ma fu accesa da una Volontà sovrumana per servire ai suoi altissimi fini.
      È un dovere ed è una missione, di cui bisogna sentire l'importanza e la responsabilità prima ancora che l'orgoglio. E si deve adempiere con semplicità, con fedeltà, anche se le circostanze lo rendessero malagevole, penoso, pericoloso.
      Quante volte abbiamo sentito dire da chi dà tutto sè stesso per qualche bella missione educativa, da chi vive nella dedizione, nell'abnegazione assoluta per un ideale di bontà, da chi ama più che non sia riamato, da chi elargisce più che non riceva, quante volte abbiamo udito dire dolcemente: Fare, affaticarsi, sacrificarsi anche, non sarebbe niente se si fosse corrisposti, se si vedesse un po' di gratitudine, se s'avesse il compenso di raccogliere qualche frutto, di vedere qualche buon risultato dell'opera nostra! Ma nulla! L'indifferenza, l'ingratitudine, l'aridità... e qualche volta la derisione per sopra più.
      Allora bisognerebbe ripetere la parabola del seminatore. Il viandante distratto, le spine crudeli, l'arida pietra rendono vano e sterile il buon seme, ma se una sola piccola porzione verrà raccolta dal terreno fecondo, la mèsse futura compenserà anche di quella parte d'opera sprecata.


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Pagine mistiche
di Jolanda
Editore Cappelli
1919 pagine 168

   





Volontà Fare