Rintracciamone noi la voce divina risalendo il corso dei tempi, e ascoltiamola ancora con la stessa riverenza, con la stessa fede dei suoi primi discepoli, e meditiamo sull'occulto significato ch'essa ci esprime. «Marta, Marta - dice Gesù, - tu t'affanni e t'inquieti di troppe cose. Eppure una sola è necessaria...»
Una sola, sì, o Signore. Quella d'ascoltare la Tua voce nel nostro cuore, nella coscienza nostra, luce, conforto e guida. A che serve tutto il resto se non porgiamo orecchio a questa voce interiore che persuade, che calma, che esorta, che rianima? A che cosa si ridurrebbe la vita se non dovessimo vedere e cercare in essa nient'altro che una concatenazione d'atti, che una serie di sforzi diretti ad un immediato o futuro benessere d'un ordine inferiore? Procurarsi una dimora comoda, soddisfare le nostre tendenze, anche buone o inoffensive, adornare la nostra persona e il nostro spirito, sognare l'amore come il soggiorno in un luogo d'incanto, la rinomanza come il dominio più luminoso e durevole, lavorare, insomma a foggiarci la vita a nostro agio come se nella nostra argilla non portassimo la scintilla inquieta e misteriosa d'una origine eccelsa, d'un eccelso destino... questo è errore pari all'affannarsi di Marta che per ripulire la sua casa e apprestare il cibo del corpo trovava superfluo ascoltare Gesù e alimentare l'anima con le parole di verità e di vita. Eppure il Maestro era venuto ad esse per questo: per dirozzarle, per ammonirle, per aprire i loro occhi al raggio d'una fede, d'un conforto sovrumano; per dare un indirizzo tutto nuovo alla loro esistenza umile che ne sarebbe stata nobilitata.
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