E le fanciulle prostrate ai suoi altari pregheranno così «Ave, ave, o Maria! Anche la nostra giovinezza debole, ignara, viene a Te e ti adora: e a Te, regina di Purezza, si consacra con tutte le sue speranze, con tutte le sue fedi, con tutte le sue impazienze e le sue trepidazioni pel vasto avvenire. Veglia su noi, e fa che ad ogni passo che muoviamo su per l'erta difficile, fiorisca un fiore di bontà; che ogni nostro proposito sia retto e incontaminato; ogni nostra aspirazione alta e pia. Fa che dalla nostra vita e dai nostri atti e dai nostri pensieri emani la serenità d'una coscienza monda, e che altri, guardandoci, sia tratto a seguirci, e che la nostra carezza sia pietà e il nostro cuore sia premio. Ave, ave, o Purissima!»
Nelle chiese magnifiche, monumenti d'arte e di storia, e nelle cappellette umili e solitarie, s'erge e domina, nel ridente mese dei fiori, questa pura forma femminile, a cui va particolarmente l'omaggio della fede e della preghiera.
Certo, l'omaggio non è unanime come una volta, quando un sincero impulso o un'obbedienza cieca traevano ricchi e poveri, superiori e dipendenti, ai piedi dell'altare: quando le famiglie, riunite patriarcalmente intorno al loro capo che assumeva in quella data ora una dignità quasi sacerdotale, nell'oratorio di casa, o intorno a un altare improvvisato, recitava preghiere e cantava inni ad onore della Vergine Maria. Ma ancora, nonostante lo scetticismo, lo sprezzo, l'indifferenza, la Purissima s'erge tra i gigli e le rose nel mistero del tempio, pende dalle pareti delle intime stanze, posa sui cuori ingenui, sui petti malati, innanzi ad occhi piangenti come una protezione, come una carezza sovrumana.
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