«Porgete le mani a colui che è debole di fede» disse Gesù, non disputando delle opinioni. Meditate sulla divina clemenza, sulla divina semplicità di questo consiglio! Cristo non raccomanda di discutere, di persuadere, d'imporre le proprie ragioni con la sapienza, con l'eloquenza, col fascino del verbo: non ingiunge di circuire, di confutare, di convertire a forza chi non crede. «Porgetegli la mano raccomanda il maestro, così come avrebbe detto di fare per un viandante stanco, smarrito, per rincorarlo su in un aspro, ma sicuro cammino. «Porgetegli la mano» atto di fratellanza amorosa, di pietà, di protezione, di difesa, di pace. «E non disputate delle opinioni.» Rispettate, cioè, il libero arbitrio, non violate le coscienze, non sopraffate: nemmeno la verità si deve inculcare a forza, poichè non si può amare ciò che venne imposto, ciò che si impadronì del nostro intimo con diritti orgogliosi di conquista. Il buon seme germoglia nella terra nera, senza che nessuno ne affretti lo schiudersi. È il sole, è l'alito della vita, è la voce della rinascita, del risveglio che penetrano giù nella prigione oscura e comandano al piccolo seme di germogliare, all'anima di risalire.
«Pei deboli mi sono fatto debole - dice ancora Gesù: - per guadagnarli. Mi son fatto tutto a tutti, per tutti far salvi.»
Ecco l'esempio. Il Maestro ci dimostra che non è facendo misurare la distanza che separa il salvato dal salvatore che si conquistano i cuori al bene: ma rivelando ad essi quella comune origine delle anime, a cui ho accennato, uguagliandosi ad essi così che possano intendere il nostro linguaggio e non vedere in noi che un fratello pietoso.
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Gesù Gesù Maestro
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