«Dieci vergini - dice Gesù - avendo preso le loro lampade andarono incontro allo sposo e alla sposa».
Nella lampada, Cristo raffigurava la luce dell'anima che aiuta a vincere le tenebre dell'ignoranza e dell'errore con l'intuizione della Divinità, con la fede ardente nella sua parola, con la vigilanza fedele contro le insidie del male e del languore, quell'indifferentismo spirituale che, a poco a poco, vela le idealità più alte e che Gesù doveva tanto combattere in quell'indolente popolo uso al fasto e alla mollezza.
«Ma cinque di esse - segue il Maestro erano stolte, cinque avvedute. Or le cinque stolte, prese le loro lampade non portaron l'olio con sè. Le avvedute, invece, presero dell'olio nei vasetti insieme con le lampade».
Dunque, la fede non può durare e illuminare in modo proficuo pensieri ed azioni, se trascuriamo di provvederci dei mezzi più sicuri per alimentarla: se alla nostra nascita cristiana, agli insegnamenti dei nostri maggiori, non aggiungeremo volontariamente noi qualche cosa che riaffermi le nostre convinzioni e i nostri voti, che li renda duraturi, che valga a sostenerci e a difenderci nei momenti più difficili. E l'olio per questa lampada ideale può essere l'esercizio della preghiera nella sua forma più eletta, le buone letture austere, l'esercizio del bene operato nell'ombra con cuore ardente, la docilità ai consigli saggi e agli avvertimenti della coscienza segreta che mai non falla: la rigorosa sorveglianza sulle nostre imperfezioni e la caligine che ne emana ed offusca le nostre migliori aspirazioni.
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