L'accusa più comune e più sinteticamente formulata è la seguente: «La confessione fu inventata dai preti per sapere i fatti nostri: Dio non c'entra....»
Vediamo un po' se è vero. Apriamo il Vangelo.
«Giunta poi la sera di quel giorno, primo del sabato, ed essendo chiuse le porte, là dove stavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù e stette in mezzo a loro dicendo:
«Pace a voi.»
E ciò dicendo, mostrò ad essi le mani ed il costato. E gioirono i discepoli, vedendo il Signore. Disse loro di nuovo Gesù:
«Pace a voi. Come il Padre mandò me, così io mando voi.» E, detto questo, alitò verso di loro e disse:
«Ricevete lo Spirito Santo. A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi: a chi li riterrete, saranno ritenuti.»
In queste semplici parole di Cristo è il germe divino del Sacramento della penitenza. E una luce mistica avvolse la sua istituzione. Prima, il Redentore trasumanò quelle rozze menti col miracolo, col sacro privilegio della sua apparizione in mezzo ad essi: poscia le accese col raggio emanato direttamente da Dio; indi trasfuse in esse il suo soffio di purezza ineguagliabile, d'indulgenza senza confine, di pietà senza pari. Fatto questo, pronunziò le fatidiche parole, le parole della consacrazione altissima con cui investiva i suoi discepoli di quello stesso potere che il Padre a Lui aveva dato. Gesù li creava ministri di giustizia e di perdono, apportatori di pace e di conforti spirituali e sovrumani, come per breve tempo Egli lo era stato fra gli uomini. E con questo ultimo atto postumo del suo apostolato sublime, il Maestro elargì la suprema prova di misericordia e d'amore verso l'anima umana, additandole ancora una via di riabilitazione e di salvezza, interpretando uno dei suoi bisogni più spontanei e profondi, quello del pentimento e del perdono.
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