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      E questa ricerca è vana per due ragioni: La coesistenza di un uomo perfetto e di una società imperfetta è impossibile; dato che potessero coesistere, la condotta che ne seguirebbe non fornirebbe il tipo morale cercato.
      In primo luogo, date le leggi della vita come esse sono, un uomo di natura ideale non può essere prodotto in una società composta di uomini che hanno una natura lontana dall'ideale. Aspettarsi che tra uomini organicamente immorali ne sorga uno organicamente morale è come aspettarsi di veder nascere tra i negri un bambino di tipo inglese. Se non si vuol negare che il carattere dipenda dalla struttura ereditata, si deve ammettere che in ogni società ciascun individuo discende da uno stipite, che risalendo a poche generazioni si ramifica per ogni parte nella società e partecipa della natura media di questa; e che quindi, nonostante spiccate differenze individuali, deve conservarsi una comunanza di natura tale da impedire che, un uomo, qualunque sia, raggiunga un tipo ideale, finchè il resto della società rimane di gran lunga inferiore.
      In secondo luogo, la condotta ideale, quale è contemplata dalla teoria morale, non è possibile per l'uomo ideale in mezzo ad uomini costituiti diversamente. Una persona assolutamente giusta e perfettamente simpatica non potrebbe vivere e operare in conformità alla natura sua in una tribù di cannibali. Tra un popolo perfido e al tutto privo di scrupoli, una intiera veridicità e franchezza debbono apportare rovina. Se tutti intorno a lui riconoscono solo la legge del piú forte, un uomo la cui natura non gli permetta di infliggere dolore agli altri deve soccombere.


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La dottrina delle due etiche di H. Spencer e la morale come scienza
di Erminio Juvalta
pagine 87