Il che si vede manifestissimamente in una scienza precettiva, che, a rigore, costituisce un capitolo dell'Etica; nella quale la questione dell'osservanza delle norme (e dell'obbligo di questa osservanza) è rimasta perfettamente distinta dalla questione della ricerca e della determinazione delle norme; forse appunto perché fu considerata e trattata indipendentemente dalla morale; voglio dire nell'igiene. Dove a nessuno viene in niente di pretendere che sia una condizione della legittimità o del valore delle norme dettate da lei, questa: che il conformarsi ad esse sia sentito come un dovere. E se accade, come può accadere in effetto, che l'osservanza di qualcuno dei suoi precetti sia già tenuto come un dovere, il riconoscere che questo precetto è ordinato a un fine, al quale si dà valore di bene, fa che l'obbligo stesso appaia giusto. Ma in questo caso è facile vedere che la giustificazione dell'obbligo riesce in ultimo a questo: a dare un valore ipotetico all'obbligo categorico; cioè a dimostrare che sarebbe bene osservare il precetto, anche se non ci fosse l'obbligo.
Ora lo stesso vale, né piú né meno, per la morale. Altro è cercare quali siano le norme da osservare per raggiungere un certo ordine di effetti (quello che la morale ponga come fine) e altro è cercare da quali condizioni dipenda che l'osservare queste norme possa essere sentito e posto come un dovere. E l'importanza che questo secondo problema può avere non toglie che esso sia diverso e debba esser distinto dal primo.
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Etica
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