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      Ma questo appunto pretende l'Etica. Onde il compito dell'Etica si specifica in due punti, di cui il primo segna la sua caratteristica: 1° cercare se vi sia e quale sia l'effetto o l'ordine di effetti che possa avere un tal valore, cioè il fine del quale possa essere ammessa la universale desiderabilità sopra ogni altro; 2° determinare le condizioni e i fattori da cui quell'effetto dipende. E, nel supposto che dipenda dall'azione umana individuale e collettiva, determinare la condotta, ossia le norme dell'operare, corrispondente.
      Se il fine di cui può essere assunta questa universale e preminente desiderabilità è umanamente possibile, cioè tale che se ne riconosca possibile il raggiungimento senza assumere o postulare nessun intervento soprannaturale o sopraumano, la costruzione etica sarà scientifica; se no, sarà religiosa o metafisica. E quindi il problema della possibilità di un'Etica scientifica assume questa forma: se si possa assegnare un fine, naturalmente cioè umanamente possibile, al quale sia riconosciuto un valore superiore a ogni altro fine. La determinazione delle norme morali sarebbe data dalle relazioni trovate o da trovarsi tra quel fine e la condotta individuale e collettiva da esso richiesta.
      Ed eccoci ad una seconda questione pregiudiziale.
      CAPITOLO QUARTO
     
      LA PREGIUDIZIALE SUL MODO DI INTENDERE ILCOMPITO NORMATIVO DELL'ETICA
     
      5. - Non è improbabile che qualche lettore trovi questo modo di porre il problema intorno al compito dell'Etica, antiquato e fuori della realtà. Sento dirmi: "Nella realtà il compito dell'Etica è concepito e proseguito in modo assai diverso anzi opposto.


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La dottrina delle due etiche di H. Spencer e la morale come scienza
di Erminio Juvalta
pagine 87

   





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