Mi sia lecito spiegarmi con un esempio ipotetico assai semplice. Se si suppone che un uomo sia saltato sulle spalle di un altro e si faccia portare da lui, v'è luogo a cercare quale sia la posizione migliore per il portante e per il portato; sia quella, poniamo, la quale concilia la minima fatica del primo col minimo disagio del secondo. Il criterio seguito qui è un criterio di equità; si riconosce cioè che non sarebbe o giusto o buono o utile per nessuno dei due, il pretendere tutte le comodità per sé senza tenere in conto le comodità dell'altro. Ma se questo criterio (seguito nello stabilire la condotta migliore, data quella condizione diversa dei due) fosse applicato a determinare la relazione tra i due, prima che siano divenuti rispettivamente portatore e portato, questa condizione sparirebbe, e ciascuno camminerebbe colle sue gambe. Ossia la norma morale regola nel caso supposto un rapporto che non esisterebbe se essa fosse applicata al sorgere di quel rapporto. E può avverarsi, cosí, delle norme morali qualche cosa di analogo a quel che racconta di sé Senofonte, che all'oracolo chiedeva quale via dovesse tenere per giungere piú felicemente in Asia, guardandosi bene dal chiedere prima se era bene o male che andasse.
Un sociologo potrebbe stringersi nelle spalle e osservare che è colla realtà data che bisogna fare i conti, e che è ozioso andar cercando come sarebbe giusto che essa fosse; non resta che acconciarvisi alla meno peggio. Vedremo ora come questa posizione di puro adattamento passivo sia, per forza stessa della realtà, che diviene e muta, insostenibile: ma è opportuno notar subito che quando si renda palese un contrasto del genere notato, colla consapevolezza di questo contrasto è inevitabile che nasca nella coscienza morale l'aspirazione a una realtà diversa; e quindi l'aspirazione o a modificare la realtà se essa appare mutabile, o a cercare la ragione della giustizia fuori della realtà.
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Senofonte Asia
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