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      13. - E allora la conseguenza legittima è questa: che una scienza normativa morale è possibile soltanto se il fine naturale che serve a determinare le norme vale anche a giustificarle.
      Ma il fatto - che questa esigenza non è soddisfatta finché si cerca la giustificazione di un codice di condotta già dato, assumendo questo come punto di partenza, e quindi come fine la forma di convivenza e di cooperazione sociale alla quale esso codice corrisponde, - non prova l'impossibilità di una etica normativa scientifica; prova al piú la impossibilità di una tale scienza finché si intende il compito dell'Etica in quel modo.
      Ora, perché non sarà possibile e lecito porre il problema in un modo diverso: cercare quale possa essere il fine che soddisfa a questa esigenza, e dalle condizioni che esso richiede ricavare le norme della condotta? Il porre il problema in questa forma non è forse legittimato dalle difficoltà che abbiamo visto nascere dal porlo in forma diversa, e dall'analogia (che l'esigenza caratteristica della norma etica non toglie) colle altre scienze precettive?
      Sento risorgere l'obbiezione: Posto pure che l'impresa riuscisse, a che cosa gioverebbe? Ma è facile la risposta. In primo luogo, anche se non servisse praticamente a nulla, non cesserebbe di avere un valore teorico il sistema di rapporti che per tal modo si venisse a conoscere. In secondo luogo a nessuno è dato affermare a priori l'inutilità pratica di una cognizione scientifica, sia pure che riguardi dati ipotetici. (E quale cognizione scientifica non contempla dati, almeno in parte, ipotetici?


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La dottrina delle due etiche di H. Spencer e la morale come scienza
di Erminio Juvalta
pagine 87

   





Etica Posto