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      Cosicché la critica stessa della seconda tesi riesce a confermare la legittimità della prima.
     
      1. - Assumendo come tipo ideale di condotta giusta la condotta corrispondente al limite dell'evoluzione, lo Spencer riconosce, esplicitamente o implicitamente, alla forma di vita individuale e sociale che segna quel limite, valore di fine morale. Ora, lasciando la difficoltà, sulla quale altri ha già insistito, che uno stato concepito come il risultato necessario dell'evoluzione naturale possa aver valore di fine liberamente e deliberatamente voluto e proseguito, difficoltà che non mi pare insuperabile18, io credo che questa identificazione presenta due difetti capitali: essa non vale per sé a fornire un criterio per la derivazione delle norme morali (nella realtà, come si vedrà piú innanzi, il tipo ideale è determinato dallo Spencer sopra un altro fondamento); e non è sufficiente come principio di giustificazione. Cominciamo dal primo.
      Il concetto di evoluzione, come quello di tempo, del quale esso è, in fondo, null'altro che la traduzione in termini di causalità naturale, esclude l'idea di limite, inteso almeno come termine fisso, oltre il quale ogni processo di trasformazione, cioè di causazione, si arresti. Il processo stesso di dissoluzione che, secondo il pensiero dello Spencer si alterna a periodi indefinitamente grandi con quello di evoluzione, non segna il termine di un periodo e l'inizio d'uno nuovo se non dal punto di vista di una valutazione umana o teologica. In realtà il cammino non si arresta per tracciar di segni che l'uomo faccia sulla via della natura.


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La dottrina delle due etiche di H. Spencer e la morale come scienza
di Erminio Juvalta
pagine 87

   





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