Né, del resto, quando lo Spencer parla di limite dell'evoluzione della vita umana, intende di significare il momento in cui la vita si arresta o si spegne, ma quello in cui la vita raggiunge il massimo svolgimento. Senonché questo massimo svolgimento non può essere, necessariamente, che relativo a forme date e conosciute o comunque determinate di vita, cioè di organi, di funzioni, e di attività; e, anche inteso cosí, non può venir stabilito se non fissando un grado che si consideri come massimo; cioè, insomma, segnando nel processo (non importa ora con quale criterio) un momento, che sia punto di arrivo di una serie (della quale sia rappresentato da un punto di vista teleologico come fine), ma che potrebbe essere preso, con un criterio diverso, come punto di partenza di una serie ulteriore. È sufficiente a segnare questo momento il criterio dell'adattamento completo ai tre ordini di fini: della vita individuale, della vita della specie e della vita sociale?
2. - È subito chiaro che questo adattamento completo non può bastare esso stesso, se non si determina quali siano le sfere di attività e di fini, l'adattamento ai quali serve di criterio per stabilire se il limite è raggiunto. Perché se si intende per adattamento completo un adattamento definitivo a tutti i fini di tutti e tre gli ordini, termine fisso e insuperabile al quale si arresti, e oltre il quale non sorgano nuove aspirazioni e nuovi fini, noi non potremmo argomentare né che un tale limite sia per essere raggiunto mai, né (ciò che qui importa di piú), dato che si raggiunga, quale sia il grado o la forma di vita, che un tale adattamento sia per fissare e suggellare come definitivo.
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Spencer
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