Perché i fini sono, come ognuno sa, correlativi ai desideri o ai bisogni. Ora a mano a mano che le forme di attività si moltiplicano e si differenziano, si moltiplicano i bisogni e quindi i fini; né si può né induttivamente, né deduttivamente determinare a qual punto questo processo possa o debba arrestarsi. Perché, pur non uscendo dalla tesi evoluzionista, ogni adattamento implica diminuzione di sforzo e quindi, coeteris paribus, avanzo di energia; la quale appunto perciò si viene dispiegando in nuove forme di attività, e quindi nella ricerca di nuovi fini. Anzi il sorgere di ogni forma piú complessa di attività - ad esempio ogni funzione piú elevata - presuppone normalmente l'adattamento già avvenuto delle attività meno complesse e relativamente elementari - funzioni piú semplici -, di cui essa è una nuova ordinazione. Onde per questo rispetto l'adattamento a certi fini è parallelo all'insorgere di fini nuovi indefinitamente. Oltrediché il processo stesso del conoscere portando a scoprire sempre nuovi rapporti di cose e di fatti, viene continuamente riversando la desiderabilità dei beni conosciuti su nuovi oggetti che acquistano valore di utilità, e moltiplica cosí i beni, cioè i desideri e i bisogni; o trova nel mutare delle condizioni esterne nuovi modi di soddisfare ai bisogni già esistenti affinandoli ed elevandoli; o apre la via a nuove aspirazioni, alle quali la soddisfazione già assicurata dei vecchi bisogni permette che si rivolgano gli sforzi e l'opere. Cosí ogni adattamento raggiunto è condizione e stimolo a nuove forme di attività al modo stesso che ogni conoscenza acquistata fa sorgere nuovi problemi, e nascere "a guisa di rampollo, appié del vero il dubbio".
| |
|