Lo dà veramente?
Benché a prima vista possa parere strano il dubbio e inutile la discussione, bisogna riconoscere che un tipo di esistenza individuale e sociale nel quale tutta quanta la condotta in tutta la sua estensione porti sempre e soltanto piacere, non è, date le leggi psicologiche conosciute, e non può essere, un fine universalmente desiderabile sopra ogni altro.
Lascio di discutere se, supposta una condotta, diciamo cosí per brevità, totalmente piacevole, il piacere stesso non verrebbe a sparire, come stato di coscienza distinto, per mancanza di quel contrasto e di quell'alternanza fra gli stati psichici (cosí bene illustrata tra gli altri dall'Höffding), senza della quale anche i godimenti piú forti illanguidiscono e vaniscono nella ripetizione abituale; e di considerare se la forma di vita corrispondente non riuscirebbe a sopprimere in ultimo anche ogni forma di coscienza riflessiva e di deliberazione volontaria, cioè l'intelligenza stessa e la volontà, almeno nelle loro forme piú elevate, riducendo la vita a una sorta di automatismo istintivo, al quale corrisponderebbe la fissazione stereotipa di modelli d'uomini meccanizzati. Certo, se si bada che l'attenzione attiva è sempre, in grado maggiore o minore, sforzo, e che lo sforzo è alimentato principalmente, se non unicamente, dal dolore e non dal piacere, bisogna riconoscere che la capacità dello sforzo e l'esercizio dell'attenzione tenderebbero a svanire collo sparir del dolore; e il vigore dell'intelligenza si affievolirebbe; come già si può osservare in quelle persone sfaccendate e sonnolente, le quali abbiano in pronto senza alcuna fatica o cura tutto quel che desiderano, e non sentano l'aculeo di altri bisogni, e di aspirazioni diverse.
| |
Höffding
|