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      Noi dobbiamo accettare, come possiamo, lo stato di cose stabilite, quantunque in forza di esso, una inferiorità della quale l'individuo non ha colpa produca i suoi mali, e una superiorità della quale egli non può vantare nessun merito, apporti i suoi benefizi; e dobbiamo accettare, come possiamo, tutte quelle disuguaglianze che ne derivano nei vantaggi che i cittadini si procacciano colle loro rispettive attività
      23.
      Ho citato questo passo, non perché gli stessi concetti qui espressi non siano, esplicitamente o implicitamente, sostenuti in tutta quanta la sociologia e la morale dello Spencer, ma perché forse in nessun altro luogo appare piú manifesto il presupposto che vizia la sua concezione della società ideale. Assumendo come elemento del concetto di giustizia - accanto a quello dell'uguale libertà - la condizione ricavata dalla biologia, che la vita progredisce e si eleva soltanto a patto che gli individui superiori godano i vantaggi della loro superiorità e gli inferiori subiscano i danni della loro inferiorità, egli identifica la inferiorità fisiologica e psichica colla inferiorità sociale; la inferiorità che si potrebbe chiamare nativa o costituzionale colla inferiorità che si potrebbe dire di posizione.
      Ora, che un uomo debole non possa vincere le medesime resistenze che uno forte, che un bambino poco intelligente impari meno e peggio di un intelligente, è naturale e necessario; ma non si può dire che sia giusto né ingiusto. Che i figli ereditino l'ingegno o l'ottusità, la sensibilità o l'insensibilità, il vigore o l'infermità dei genitori, e che i primi godano i vantaggi e i secondi sopportino i danni che sono conseguenza rispettivamente di questa loro superiorità o inferiorità ereditata, sarà del pari biologicamente necessario, ma non è ancora né giusto né ingiusto; diventa bensí giusto o ingiusto rispettare o violare questa relazione naturale, soltanto se si considera questa relazione come condizione di una elevazione progressiva della specie che sia assunta come effetto universalmente desiderabile, cioè come fine.


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La dottrina delle due etiche di H. Spencer e la morale come scienza
di Erminio Juvalta
pagine 87

   





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