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      Anzi quella limitazione d'origine sociale che si ponga come giusta per quest'ultimo rispetto, appare ingiusta per l'altro. E l'ammettere che sia giusta la condizione "che ciascuno sopporti i danni della sua inferiorità e goda i vantaggi della sua superiorità" non include, ma piuttosto esclude l'altra condizione, a torto dallo Spencer compresa o conglobata con quella: che ciascuno sopporti i danni o goda i vantaggi che sono conseguenza di una inferiorità o di una superiorità, la quale risulta non dalle sue doti fisiche e mentali, ma dalla assenza o dalla presenza di certe circostanze esteriori.
      E in verità sarebbe da meravigliare che lo Spencer non abbia rilevato la differenza, o non ne abbia tenuto conto, se non si ricordasse che il punto di partenza, il foco centrale da cui muove e attorno a cui si raccoglie la sua speculazione, è, come s'è detto in principio, un ideale etico, anzi propriamente sociale e politico; onde l'intento principale diventa quello di trovare la giustificazione del suo ideale nelle leggi della vita, e per esse nelle leggi stesse dell'universo.
     
      10. - Ora il suo ideale sociale e politico è in sostanza quello stesso del liberalismo, in cui crebbe e si maturò il suo pensiero, che era già compiuto e definito nelle sue parti quando usci il prospectus (1860); e perciò nel costruire la sua "società di uomini giusti", per quel che si attiene alla struttura sociale, egli non fa che supporre realizzati i desiderati teorici, o già riconosciuti espressamente, o ricavati logicamente dai postulati economici e politici di quel liberalismo.


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La dottrina delle due etiche di H. Spencer e la morale come scienza
di Erminio Juvalta
pagine 87

   





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