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      CAPITOLO PRIMOMORALE CONTRO MORALE
     
      Ho cercato di mostrare altrove(1) come e perché sorga logicamente - e, si può dire, dalla necessità intrinseca dello svolgimento morale - il problema di una pluralità di contenuto nella coscienza morale; sorga, quando si abbandoni il presupposto che è la forza segreta del formalismo kantiano, che l'imperativo categorico, l'universalità della legge, la razionalità del volere convengano a un solo, a quel solo contenuto, che si pretende poi, nelle deduzioni della dottrina del Diritto e della Virtú, di ricavarne; in termini piú chiari e meno tecnici, quando si cessi di ammettere che la coscienza morale sia una e la medesima in tutti; non solo per il tono con cui parla dentro ogni persona, ma per le cose che dice; non solo per l'autorità con la quale comanda, ma per ciò che comanda.
      Questo problema viene a sovrapporsi o meglio ad anteporsi (se non anche a sostituirsi), - e in ogni caso (come pure ho cercato di dimostrare) a mutar senso e posizione - al problema che è tuttora, almeno nella forma consueta, considerato come il problema centrale, il vero problema dell'etica: quello del fondamento. La quale forma di trattazione sembra supporre - già nel modo di porre il problema (filosofia della morale) - che sul contenuto concreto di ciò che si chiama moralità, sul modo di condotta che si distingue come morale, sui criteri coi quali giudichiamo del giusto e dell'ingiusto, del bene e del male, non cada dubbio; e il dubbio riguardi le ragioni per le quali si deve veramente tener giusto e buono quel modo di condotta, e legittimo quel criterio; e ingiusto e illegittimo il contrario(2).


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I limiti del razionalismo etico
di Erminio Juvalta
Einaudi Editore Torino
pagine 59

   





Diritto Virtú