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      E quell'unità parziale di contenuto sembra essere il segno e la prova di un unico supremo criterio di valutazione morale, perché viene comunemente ricondotto a un fine che dissimula, sotto l'identità nominale del termine, la possibilità di determinazioni diverse per quel che tocca la parte della condotta etica che sfugge all'attenzione di quel tempo; e che riguarda i fini propri della persona, e le forme della vita interiore.
     
     
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      Ma il romanticismo e lo storicismo, per vie diverse ma cospiranti, posero in luce quel che il razionalismo aveva lasciato nell'ombra o trascurato; e l'uno affermando, illustrando ed esaltando la ricchezza, la varietà, il valore, se non esclusivo, superiore della vita spirituale e della attività interiore, originale, spontanea; l'altro cercando nella realtà storica la ragione e la giustificazione delle forme di vita sociale, religiosa, politica che in nome della natura e della ragione erano state condannate, avevano condotto a questo doppio risultato: per un verso, ad allargare smisuratamente l'ambito della vita interiore, raccogliendo e quasi contraendo in essa tutte le attività spirituali, facendone il campo piú degno, e, se non esclusivo, certo dominante della condotta morale, e comprendendovi della vita sociale, al più, quel che in essa si dispiega di spontaneo e d'ingenuo: la pietà, la carità, l'amore, con l'aperta tendenza a distinguerlo non solo, ma a staccarlo dalle attività considerate come esteriori, della vita politica e giuridica.


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I limiti del razionalismo etico
di Erminio Juvalta
Einaudi Editore Torino
pagine 59