Ora io lascio di considerare, perché non è necessario qui, il campo dei giudizi propriamente teoretici e la distinzione che sarebbe necessaria tra giudizi condizionali e giudizi di esistenza; e mi restringo al campo «pratico». In questo adunque la ragione sarebbe essa che pone ad un tempo l'esigenza della legge e la legge; cioè, non solo l'esigenza dell'unità e le norme da osservare per realizzarla, ma anche i criteri attorno a cui si deve raccogliere questa unità; quei giudizi stessi che non si giustificano, ma che servono di fondamento alla giustificazione.
CAPITOLO SECONDOLA RAGIONE E I GIUDIZI DI VALORE
Questa «funzione pratica»(4) della ragione si può intendere in tre modi diversi:
- O i criteri di valutazione, i giudizi di valore che stanno a fondamento dei giudizi morali, hanno la stessa validità e si possono o dimostrare o porre con la stessa necessità od evidenza con la quale si impone la validità delle forme logiche.
- Oppure - se il dato o principio che sia a fondamento delle valutazioni è diverso dalle verità teoretiche, assunto dalla ragione, non posto da lei ma offerto a lei, questo dato è tale che essa non ha che da scoprirlo, da formularlo, da presentarlo alla riflessione di ogni uomo ragionevole perché ne sia riconosciuta ed ammessa come indiscussa e indiscutibile la validità.
- O finalmente è la ragione stessa che pone la legge, ed è l'esigenza razionale che basta a determinarla, senza che a costituire la validità della legge e del contenuto che essa incorpora in conformità della sua esigenza, sia necessario riconoscere la validità di alcun dato o principio materiale estraneo alla forma stessa della legge.
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