Pagina (17/59)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Ora il giudizio: la vita è un bene; che qui è sottinteso, può essere considerato come primario, per esempio in tutti i precetti dell'igiene (dove anzi fa da primario un giudizio, che è già esso derivato rispetto a questo, sul valore della sanità): ma può essere non primario per chi giustifica a sua volta il valore della vita col valore del sapere, o del bello, o della giustizia, o della carità, o della potenza, o della gloria, o di qualsiasi altro ordine di fini o di attività o di godimenti.
      Ma poi, quando si dice che l'arte, o la scienza, o la pietà sono un conforto della vita, si fa di ciascuno di quei beni che sopra sono assunti come beni per sé, un bene derivato rispetto a quello della vita. E cosí se si dice che il sapere accresce la ricchezza, o la giustizia assicura la tranquillità, o l'onestà alimenta la fiducia reciproca, si pongono, almeno occasionalmente, come derivati, dei valori primari, e si assumono come primari rispetto ad essi, dei valori derivati.
     
     
     * * *

     
      È adunque chiaro che i giudizi di valore si legano fra di loro in una catena continua, anzi in un groviglio di catene, del quale non è necessario qui cercar di capire piú particolarmente la struttura; e che per queste mutue e varie connessioni delle diverse valutazioni fra di loro, si può assumere come primario in un sistema di deduzioni un giudizio di valore che figura come derivato in un sistema diverso. Ma in qualsiasi processo di giustificazione, questo giudizio primario di valore espresso o sottinteso ci deve essere; e si tratta di vedere - nel caso di valutazioni morali - non se spetta alla ragione giustificare la scelta, ossia dimostrare da che cosa nasca l'attribuzione di valore (che sarebbe precisamente fare del valore diretto un valore derivato; la quale dimostrazione, se è possibile, nessuno dubita che sia un processo razionale); ma, se ci sia un principio di valutazione, una affermazione diretta o primaria di valore che sia razionale in sé, e che si distingua come razionale da altre valutazioni primarie, che non siano in sé razionali; cioè che non sia razionale accettare, che la ragione impedisca di ammettere.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

I limiti del razionalismo etico
di Erminio Juvalta
Einaudi Editore Torino
pagine 59